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Tommaso Michea Giuntella: “I populismi mi ricordano il fascismo e il nazismo delle origini”. Nostra intervista

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Tommaso Giuntella 06di Max Calvo

A pochi giorni dalle elezioni Europee, previste per il 25 maggio, riprendiamo il filo della questione populismi, politiche europee e futuro dell’Italia con Tommaso Michea Giuntella, presidente del PD di Roma, attraverso questa intervista che ci ha concesso questa mattina.

L’Europa, il PD, Schulz, l’immigrazione e molti altri temi vengono affrontati da Giuntella in questa chiacchierata, alla vigilia di una scadenza elettorale importantissima che segnerà probabilmente una svolta nelle politiche dell’UE dopo i seri problemi degli ultimi anni.

L’intervista:

L’Europa è alle porte delle Elezioni forse più importanti della sua storia, quale risultato prevede?

Un bel risultato dei progressisti europei, un avanzamento, ahinoi, dell’area euroscettica, in generale. Nel particolare alcuni partiti socialisti e popolari pagheranno il dazio di non aver attuato un rinnovamento interno, secondo le nostre stime il Pd e il Labour dovrebbero risultare i due più forti nella famiglia del Pse.

Si traccia un bilancio fallimentare dell’operato dell’UE, a fini elettorali, ma ci sono stati anche errori. Quali i più eclatanti secondo lei?

I conservatori europei, che hanno dominato le nostre istituzioni avendo la maggioranza in tutti gli organismi, hanno fallito nel ritenere che la crisi si potesse governare secondo le necessità dei singoli paesi e non come Unione, hanno preso scelte dettate dalle forze esterne dei mercati finanziari e hanno privilegiato la salvaguardia delle banche e degli investimenti speculativi rispetto alle persone, al lavoro e ai servizi. Si è pensato che l’Europa potesse reagire diventando competitiva, attrattiva, e non si è capito che se le persone stanno peggio, se hanno meno diritti e meno speranza, quel sistema non può che agire da moltiplicatore sugli effetti della crisi. E poi aver fatto l’Euro ma non aver fatto l’Europa, questo è il più grave errore, la grande colpa delle destre europee.

Con l’eventuale vittoria del blocco del socialismo europeo, si andrebbe ad eleggere un tedesco  – Schultz – alla presidenza della commissione europea. Quali le differenze con Merkel?

Se vi dicessero che in quanto italiani siete paragonabili a Berlusconi come la prendereste? A parte le comparazioni, le differenze sono radicali. Due visioni diverse di quello che deve essere l’Europa. Per Schulz e per il Pse deve diventare un unico soggetto politico nel quale i popoli, le persone, sono rappresentate e sono il centro delle decisioni e degli effetti delle decisioni. Per Merkel l’Europa è un insieme di paesi distinti che persegue interessi e nel quale la Germania mantiene una posizione dominante. Ma queste idee non derivano dal luogo di nascita, derivano dalla cultura politica di provenienza

Quali i vantaggi che si possono immaginare da un’eventuale presidenza Schulz?

Martin Schulz vuole concentrarsi da subito sul lavoro, su un sistema di solidarietà in cui i cittadini europei percepiscano quotidianamente i vantaggi del vivere in un grande stato. Dove abbiamo fatto l’Europa sul serio già ce ne accorgiamo: Schengen, Erasmus, e tante altre esperienze quotidiane. Un modello che si incentra sull’occupazione giovanile e femminile, uno standard minimo europeo, più e migliori posti di lavoro, protezione sociale, inclusione sociale, servizi pubblici, diritti.

Il PD, se i sondaggi saranno rispettati, potrebbe diventare il primo partito di sinistra dell’UE… Anche se in Italia di sinistra ne vediamo poca. O ci sbagliamo?

In Italia e nel Pd c’è tanta sinistra, bisogna solo avere il coraggio di capire che essere di sinistra è sempre significato saper guardare agli altri oltre sé stessi e saper guardare al futuro oltre il presente. Questo non significa retrocedere sulle conquiste e sui diritti ma significa interrogarsi profondamente su quali sono le categorie sociali che oggi si sentono e sono effettivamente escluse e lottare per il loro riconoscimento e la loro inclusione. Il Pd deve tornare ad assumere questo ruolo, vincere nelle periferie, vincere tra chi subisce discriminazione, vincere tra chi non ha altri strumenti per far valere la giustizia per sé e per chi è nelle sue stesse condizioni. E vincere, soprattutto, la tentazione dei populismi che vendono indignazione a buon mercato per mantenerci individui soli e diffidenti, vittime preferite del consumismo.

La Commissaria Ashton che parla al “governo libico” sulla questione dei migranti e delle frontiere, su quale pianeta è vissuta fino ad ora, politicamente parlando?

Potrei rispondere facilmente affermando che faccio parte di coloro che auguravano un altro esito quando si discusse il ruolo di commissario Europeo agli affari esteri, ma mi limiterò a dire che finché il Consiglio, cioè il luogo in cui gli stati membri assumono decisioni comuni come insieme di singoli, è più forte e più legittimato del parlamento e della commissione, i luoghi in cui i popoli europei si amministrano e si governano, non potremo avere una politica estera attenta, coerente e con le spalle forti. Noi abbiamo bisogno di poter interagire nei consessi internazionali non più come somma di debolezze, ma come Europa. Con una nostra diplomazia, un nostro esercito, una nostra costituzione.

E’ davvero solo l’immigrazione il problema nei rapporti UE / Italia o c’è dell’altro?

L’immigrazione non è mai un problema, è un fenomeno che semplicemente avviene da quando esiste l’umanità. I rapporti tra UE e Italia sono problematici perché l’italia per molto tempo non ha avuto rappresentanti all’altezza. Il meccanismo di selezione interna, la tragedia delle preferenze e dei macrocollegi, non fanno altro che peggiorare, ma ora che saremo protagonisti a pieno titolo della famiglia socialista europea io prevedo un grande salto di qualità per la presenza italiana nell’Unione.

I populismi alla Le Pen e alla Grillo, la spaventano?

Mi spaventano non tanto per le idee impraticabili, confusionarie e incoerenti che professano ma soprattutto perché nella costante negazione del confronto, del diritto a esistere dell’altro, mi ricordano moltissimo il fascismo e il nazismo delle origini. Non vorrei che dai pestaggi mediatici e digitali Grillo sconfinasse ai pestaggi fisici, il confine è sottile.

Cosa la inquieta di più nel futuro prossimo di Italia ed Unione Europea?

Lo dicevo prima, la capacità di mettersi davvero dalla parte degli esclusi mi inquieta ma è una sfida che raccolgo e che voglio vincere. Significa anche sfidare il sud e l’est del mondo sui diritti dei lavoratori, proporre un modello di sviluppo nuovo, sostenibile, fondato sul lavoro ma anche sulla qualità della vita delle persone. Mi preoccupa la sfida del mezzogiorno d’Italia e d’Europa, e voglio che l’Europa ci dia un’ossatura in grado di sconfiggere davvero la mafia, il clientelismo, la corruzione e di riportare speranza in tante terre abbandonate a loro stesse.

E gli Stati Uniti d’Europa?

Gli Stati Uniti d’Europa sono l’unica via per costruire un nuovo modello. Possiamo essere grandi solo se concludiamo questo percorso, non solo un sogno, una vera ultima possibilità concreta. Io ci credo con tutto il cuore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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